DOSSIER: Bosnia, cambiamo rotta!

Un dossier sulla situazione drammatica della rotta balcanica

A soli 500 chilometri da qui centinaia di migranti, soprattutto dal Medio- Oriente, continuano a tentare di approdare nel Vecchio Continente, ma ad attenderli trovano quasi sempre confini sbarrati. È un destino che trova nelle sue ultime settimane lo sguardo mediatico puntato sul suo “fianco nord-orientale”, verso la Bielorussia e l’Ucraina, mentre resta preoccupante per numeri e durata il “fianco sud”, e più precisamente in Bosnia Erzegovina, cuore dei Balcani. In questo stato nato trent’anni fa dall’implosione della Jugoslavia si moltiplicano i segnali d’allarme e di una nuova crisi.

I reportage più drammatici sulla rotta balcanica arrivano da luoghi come Bihac, Velika Kladusa, passando dalla vicina Serbia per città come Tuzla, Bijeljina, Zvornik e Srebrenica: località periferiche, ai margini della geografia mentale del cittadino medio dell’Ue. Eppure, sono luoghi e nomi che non paiono sconosciuti. Hanno un’eco familiare.

E non è un caso. Sono luoghi di cui si parlava anche alla fine del secolo scorso, quando la Bosnia faceva notizia per la guerra civile jugoslava ed era l’epicentro della cattiva coscienza europea e occidentale.

Se inizialmente Sarajevo ha costituito la prima tappa di questo percorso, con centinaia di persone  che dormivano in centro città in attesa di proseguire il viaggio, sono oggi diventate Bihac e Velika Kladusa, due cittadine del Cantone Una-Sana a ridosso del confine con l’Ue, nella parte Nord-occidentale del Paese, il crocevia di questa nuova rotta, costituendo la base da cui partire per tentare di percorrere a piedi i circa 240 chilometri fino al confine italiano o austriaco, per poi eventualmente proseguire verso altri Paesi.

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Fonte: L’Azione.it

Per saperne di più: “Migranti: continuano gli arrivi in Bosnia mentre è sempre più difficile entrare in Ue”