EDITORIALE: “In ascolto delle domande autentiche”
Una riflessione su come annunciare Dio oggi
Alessio Magoga

17/02/2025
«L’uomo occidentale – l’uomo europeo – crede ancora?». Si potrebbe sintetizzare così il punto di partenza della riflessione che don Giuliano Zanchi, presbitero bergamasco e direttore della Rivista del Clero italiano, ha proposto ai preti della nostra diocesi, riuniti al Cavallino per l’annuale corso di aggiornamento. La risposta ovviamente è complessa e chiede di ricostruire il cammino che ci ha condotti a questo oggi.
L’Occidente è profondamente attraversato dal fenomeno della «secolarizzazione» che ha inteso creare una società in cui gli individui vivono insieme in virtù di princìpi laici, relegando quelli religiosi alla dimensione privata. Tale progetto, soprattutto attorno agli anni ’70 del secolo scorso, ha persuaso anche alcuni teologi a teorizzare la cosiddetta teologia della secolarizzazione o della morte di Dio. Anche oggi, c’è chi ritiene che l’eliminazione della religione (e di Dio) sia l’esito ineluttabile della società occidentale. Un celebre interprete di questo approccio è Marc Augé, antropologo francese recentemente scomparso: con il suo romanzo «Le tre parole che cambiarono il mondo» si immagina che, nel giorno di Pasqua, il Papa si affacci al balcone e pronunci le tre fatidiche parole: «Dio non esiste». L’umanità – questo l’auspicio di Augé – si libererebbe così di Dio e della religione, e conseguentemente dei loro effetti nefasti sulla storia degli uomini.
Tuttavia, c’è anche un altro fenomeno che si è sviluppato in questi ultimi decenni: è la cosiddetta «post-secolarizzazione». Se la secolarizzazione è l’allontanamento – voluto e programmato – della religione e di Dio dalla vita dell’uomo, la post-secolarizzazione esprime un movimento inverso: quello del «ritorno del sacro». Qui Zanchi ha citato il sociologo sloveno Slavoj Zizec, di matrice marxista, che negli anni ’80 ha scritto l’interessante saggio intitolato «Credere». Egli sostiene che, nonostante il tentativo di estirpare la fede dalla vita delle persone, la dimensione del credere è «inesorabile», perché è costitutiva dell’umano. L’uomo, per vivere, ha bisogno di fidarsi e di porre atti di fiducia; senza, non può sopravvivere. Questo «ritorno del sacro» – in atto, per lo meno, a partire dagli anni ’80 – si manifesta anche negli uomini e nelle donne delle nostre parrocchie, e si esprime in una miriade di forme di spiritualità, spesso molto originali ed esotiche, in ogni caso lontane dalle grandi tradizioni religiose. Pertanto, non si assiste affatto ad un ritorno alla Chiesa cattolica o al Dio rivelato da Gesù Cristo: alcuni autori parlano di «post-teismo», perché si cercano strade nuove e si va oltre l’immagine di Dio che la teologia ebraico-cristiana ha elaborato nel corso dei secoli.
Questo «ritorno al sacro» assume caratteristiche nuove e Zanchi ne ha indicate almeno tre: la personalizzazione (deve essere vagliato e accolto dalla coscienza della persona), l’antidogmatismo (deve essere un percorso aperto, non costretto da verità precostituite), l’antimoralismo (si confronta con i «saperi» dell’uomo moderno e non con la norma dettata da un’autorità religiosa). Con questi tratti e con questa sensibilità il cristianesimo è chiamato oggi a confrontarsi, se vuole portare il messaggio evangelico agli uomini e alle donne di questo tempo. Appare chiaro che l’annuncio della fede, in questo tempo difficile e complesso, potrà avvenire solo se i cristiani sapranno mettersi in ascolto con umiltà e «simpatia» delle domande autentiche dell’uomo d’oggi (che, grazie al cielo, sono sempre le stesse: il senso della vita e della morte, la questione della giustizia…). E sapranno creare comunità ospitali in cui, anziché «parlare del vangelo», sarà possibile «vivere il vangelo».
(fonte: L’Azione.it)